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pittore scultore

critica

Un'arte, quella di Antonio Lengua, che considera le tensioni del presente per andare oltre, in un divenire forse non lontano. Le forme che si articolano in uno spartito di linee unitamente armoniose ed incisive, in un saldo equilibrio di luci cromatiche, possono ricordare tendenze ed autori dall'antichità classica ad oggi, interpretano una sensibilità educata nella meditazione. Comunque neanche il riferimento al futurismo appare pertinente, non convince. Infatti i futuristi esaltano il progresso e lo rappresentano con fiducia scatenata, senza limiti, mentre su queste opere, sulle quali concentriamo l'attenzione, insiste spesso un sentimento di inquietudine e, ancor più di frequente, vi sono tregue nell'angoscia per chi assiste impotente al graduale compiersi degli eventi.
Possiamo vedere, nei dipinti, motivi che evocano il surrealismo, tracce della corrente concettuale, scomposizioni cubiste oltre a sviluppi, chiaramente leggibili, del genere figurativo. Ma in tali quadri c'è di più, perché Lengua è soltanto Lengua, ha metabolizzato tante altre esperienze, ma non è classificabile, non ha parentele in arte.
Pittura evoluta dunque, pervasa da un afflato primigenio, dalla spinta dell'istinto. Nella ricca produzione si avverte la volontà di conoscere, connaturata nell'uomo. E' il pensiero di superare il tempo, di tornare alle origini oppure di correre in avanti per andare ai confini dell'universo e dare risposta all'arcano nel quale ci muoviamo.
Ecco: quelle architetture, che al primo impatto possono sembrare di un visionario e condurre verso gli eccessi del paradosso, poi attraggono, suscitano curiosità, interesse. Rimandano alla realtà attuale, alle nostre città dove, accanto ad edifici vecchi o antichi ne vediamo altri, enormi contenitori, di vetro o di metallo. Hanno forme e colori nuovi. Lengua non si ferma al presente, fa un balzo nel futuro, lo prevede con lo scandaglio dell'intuito. Le sue opere riferiscono quello che ancora non c'è, ma è possibile avvenga.
I colori sono ora piatti e uniformi, ora caldi, altra volta freddi. L'artista ha un suo modo di suonare le note della tavolozza. A campiture larghe corrispondono brevi vibrazioni e sempre le composizioni spaziano nell'equilibrio. Assistiamo al connubio, nuovo, tra rigore geometrico e poesia. Quest'ultima è nei panorami del silenzio, nel sole smarrito, nelle solitudini assorte, negli aspetti che recano malinconia. Ma l'arte, per Lengua è specchio della vita e la rappresenta. Non è solo sofferenza, ansia, mistero. E' anche bellezza, speranza. La fantasia corre libera nel cielo dell'azzurro che, per Kandinskij, chiama l'uomo verso l'infinito, indugia sulle modulazioni delle nuvole, il cui bianco sembra animato da luce propria. Si accendono, allorché siamo davanti ai dipinti ed entriamo dentro ai loro labirinti, sensazioni mai provate precedentemente. E' come se ci fossimo calati nel gorgo dell'immobilità , ma, congiuntamente, voliamo col vento che passa e agita un vessillo, bandiera del movimento, il quale, non sentito, trasforma le apparenze.
I significati sorgono in continuazione dai vasti silenzi che sono solenni tra le colonne, astrali negli abissi dell'azzurro, insondabili negli anfratti della mente. Alcune figure, meglio dire sagome o stilizzazioni umane sono di ardua interpretazione. Si rompono i riferimenti all'antichità, come, appunto, le colonne e avanzano realtà nuove che hanno colori accattivanti, ma conducono nei deserti della solitudine. C'è un volto di profilo nel centro di una tela e del tempo. Guarda verso il passato arioso, mentre dà le spalle all'ombra lunga del futuro polimorfo e così diverso.
Le proposte pittoriche di Lengua, non sono compiutamente spiegabili e anche in questo consiste la loro forza, perché tutto non è dato capire. Alcune realizzazioni ad olio sono "Senza titolo". Presentano, in genere, degli umani o umanoidi e viene spontaneo chiedersi chi siano. Si prova sgomento a guardarli, hanno volti informi, impastati con colori chiari e mossi da ombre tenui. Chi sono? Le risposte possono essere varie e fare riferimento agli extraterrestri oppure a persone dell'anno 2300, che abbiano perduto la loro originaria identità, sennò ad ectoplasmi del subconscio. Nessuna spiegazione è esaustiva, resta un margine di dubbio. Se non ci si ferma solo sulle facce orribili si vedono declinazioni cromatiche emergenti sul buio del nero, con chiarori leggeri come carezze, confinanti con i tracciati del verde, che, nella simbologia e in natura è il colore della primavera.
Nessuna contestazione, né volontà di evadere dal presente si leggono nei lavori pittorici di questo autore. Egli si cala dentro se stesso, vola da una latitudine all'altra del tempo, parla di una dimensione nella quale si ravvisano elementi dell'esperienza concreta e dell'interiorità, che pure non ha confini.
Il suo uomo cammina tra pareti strette, nei cunicoli dell'oggi e del domani, come esiliato nell'abbandono. Vengono in mente argomenti di stretta attualità, quali la televisione, il computer, che blandiscono e segregano. Ma i riferimenti sono ancora ad altri fatti, che illudono e recano sofferenza.
Si vedono difficili accordi cromatici, ad esempio tra rosso mattone, grigio, azzurro, ma dai contrasti sorge più salda l'armonia. Certe luci si frantumano. Lo spigolo del giallo seziona una diffusione del bianco e anche questo è un modo per bilanciare le forze dei colori, che non esplodono negli acuti, ma rispettano l'intonazione del tutto.
"Il disegno è la base della pittura", sosteneva Annigoni. Tale pronunciamento vale soprattutto considerando il nostro pittore. Ora la linea scrive la libertà del gesto, risponde all'impulso, altra volta reca risonanze geometriche, con fremiti di scansioni e formando figure semplici o complesse finora ignote, che vengono vestite da gradazioni di colori.

Lengua è un artista non convenzionale. Più conosciamo le sue opere, più esse sono convincenti.

Franco Ruinetti