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pittore scultore

Le Città Futuristiche

La memoria dei luoghi si declina, da sempre, in molteplici forme, tante quante sono le singolarità, gli stati d'animo e le emozioni che scaturiscono attraversandoli. Le città, di loro, paiono inafferrabili nell'insieme, talmente caotico e frammentario è il loro porsi all'attenzione, come organismi mutevoli dotati di vita propria. Lo sguardo può, a quel punto, divenire il punto fermo mediante cui cogliere, nel contesto urbano, l'incanto della forma colmando di significato quegli spazi altrimenti impenetrabili.
L'opera di Antonio Lengua si insinua tra questi spiragli di senso alla ricerca di una via all'interpretazione dei luoghi, di quelle città e di quegli spazi che riecheggiano nel ricordo e nell'animo dell'artista. "Entro nella forma attraverso l'istinto", afferma Lengua, il quale rende conto pienamente del suo sincero sentimento per la pittur. Sotto lo stimolo di un impulso percettivo, l'artista si lascia incantare dalle qualità della materia, della luce e del colore, suscettibili di animarsi sotto la vigile guida della spatola e del pennello. Nel confuso ammassarsi d'immagini frammentarie, la luce risveglia il colore e fa emergere l'essenza della forma mediante un procedimento che ricorre al concetto di esattezza, in modo analogo a ciò che sostenne Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane. Lo scrittore, nella letteratura, rintraccia, all'interno delle vaste zone d'ombra dell'indefinito, una porzione "in cui l'esistente si cristallizza in forma, acquista un senso, non fisso, non definitivo, non irrigidito in una immobilità minerale, ma vivente come un organismo". La stessa cosa, continua Calvino, può dirsi di certa pittura, quella che recupera quei procedimenti logico-metafisici che sono stati parte dell'arte del Novecento e li rinnova attraverso la sensibilità contemporanea. In questo contesto, Antonio Lengua si distende con agio, rintracciando l'aspetto icastico della realtà e sviluppandolo in senso organico, in modo analogo al processo di formazione del cristallo le cui proprietà, dice ancora Calvino, al momento della crescita "somigliano a quelle degli esseri biologici più elementari, costituendo quasi un ponte tra il mondo minerale e la materia vivente".
Con sensibilità, le tele di Lengua registrano realtà difficilmente riducibili alla sola visione, in cui visibile ed invisibile si articolano nelle forme dell'archetipo e dell'immaginario futuribile in modo tale che la formae pensiero risultino indissolubilmente legati e necessari l'una all'altro. L'artista inserisce elementi immaginari all'interno della realtà per modificarne la percezione, per cui la presenza materiale si distilla in una dimensione solo apparentemente laconica, in realtà intessuta di accenni organici, di ellissi, bulbi, anfratti - la città organica - articolando l'astrattismo utopico e la naturalità insita in ogni dove. L'aleatorio, il caotico, l'indefinito non hanno voce, perché solamente l'integrità della forma, espressa nel nitore di una luminosità splendente, può conservarne il carattere primario che ha mosso la mano dell'artista: luce tagliente come diamante, pura come uno sguardo ingenuo.
L'esattezza e la geometria formale non sono, perciò, valori lontani dal mondo organico, al contrario ne fanno parte, dal momento che non possono esistere senza il loro contrario: l'indefinito. Lo stesso contrasto di valori si ritrova nelle opere di Lengua, nelle tele che portano all'interno della trama l'irregolarità della pratica artigiana. Su materie ruvide, volutamente grezze, recuperate dal mondo della cultura materiale si distende, in gesti ora ampi, ora contenuti, un colore denso che reclama l'urgenza di strutturarsi in forme concluse. Per altro verso, l'identità dei luoghi sembra manifesta, ma questa è un'impressione sfuggente che può essere revocata in dubbio se l'occhio insiste a recuperare i dettagli. Gli edifici mostrano nascostamente il loro volto, così come celati sono molti dei visi che popolano le strade intorno. Là dove la struttura urbana ha termine, si muove senza fretta una variegata folla di personaggi che avanza apparentemente senza meta, talora con enfasi ed energia. I volti spenti lasciano spazio ad espressioni caricate e grottesche che ricordano quelle della vitale umanità presente nell'antica pittura fiamminga, ben conosciuta da Antonio Lengua nel corso dei suoi prolungati soggiorni nel nord Europa. Nonostante l'irrequietezza espressa da questi personaggi, ogni altro individuo rimane chiuso nel proprio abito rigido come un'armatura, ognuno si staglia nitidamente nello spazio come forma scultore a in sé autonoma e conclusa.

In quei luoghi sottratti alla forza del simbolo, permane una sospensione che non è carica di attese, bensì bloccata nell'impossibilità di divenire. Come un elemento inerte, ogni forma ha raggiunto il punto di stabilità, delegando all'occhio dell'osservatore il compito di percorrere pazientemente le superfici, ora erte e spigolose, ora lisce ed arcuate, per cercarvi i luoghi della propria mente.

Maria Chiara Monaldi

Alcune opere esposte alla mostra