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L'Arte Di Creare Forme

Che sia letteratura, cinema o pittura, l'arte dà la possibilità all'uomo di rappresentare il "il visto" e "il non visto"; permette di mostrare ciò che è fuori dagli occhi e quello che è invece dietro agli occhi. E gli occhi di un artista sono occhi privilegiati, capaci di cogliere un dettaglio, e renderlo importante fino a farne il protagonista. Oppure possono trasformare la realtà.
Antonio Lengua è un artista che vive a San Marino da quasi venticinque anni.
La sua storia però parte da Cervinara, un piccolo paese in provincia di Avellino, dove dimostra sin da bambino la spiccata propensione per il disegno e i colori. Suo fratello studia all'Accademia delle Belle Arti. Antonio, seguendolo durante i suoi lavori di pittura estemporanea, ne carpisce i segreti.
La prima parte della vita di Antonio Lengua ha due punti costanti: la pittura e i viaggi. Lunghi viaggi: egli infatti trascorre gli anni'60 e '70 fra Roma, Stoccolma, Copenhagen e Rimini, arricchendo la sua vita e, di conseguenza la sua arte, con esperienze e conoscenze totalmente differenti, alternando due mondi opposti.
Quello che Antonio ha sempre con sé è la valigia del pittore. Il suo stile intanto prende forma. Egli cerca da subito un suo linguaggio personale. Decide di non approfondire gli studi artistici proprio per non ingabbiare il suo istinto, quell'istinto che più della tecnica sarà il motore della sua arte.
Egli espone le sue opere in mostre personali al Castello del Re di Copenhagen e all'Hotel du Soleil di Rimini. Inoltre le mostre collettive a Roma, Napoli e Benevento. Senza dimenticarci che Antonio Lengua ha fatto parte degli artisti che hanno rappresentato nel 2009 la Repubblica di San Marino alla Biennale di Venezia. La pittura di Antonio Lengua è un incontro di tanti stili. Alcuni lo inseriscono nella corrente dei "futuristi", altri critici lo collocano fra i "cubisti".

• Antonio Lengua, a parte tutte le etichette che vengono affibbiate per rendere "catalogabile" un artista, lei come si definirebbe ?

A.L. Mi definirei un inventore di forme. Io non possiedo la tecnica per copiare, non mi interessa neppure. La scuola avrebbe potuto "rovinare" il mio istinto. Se uno deve pensare alla tecnica rischia di mettere in secondo piano quell'istintività che rende unico l'artista.
Cerco di captare i messeggi che mi arrivano dal mondo esterno: se vado in montagna, ad esempio, trovo un sasso, riesco a leggere dentro la materia, materia che mi dà degli spunti, e io provo a definire quello spunto. E' una cosa magica! Sono un creatore di forme: faccio fatica anch'io a definirmi dal punto di vista stilistico. Io cerco e creo forme, di più non so dire.
Quando ero a Copenhagen, negli anni '70, un critico disse che mi rifacevo a Picasso, ma io in quel periodo di Picasso sapevo poco o niente. Ero istinto puro. E' ovvio che inconsciamente ci si può ispirare a qualcuno, ma sse è accaduto nel mio caso è stato un aspetto più legato alla colorazione che alla definizione delle forme.


• Ma in modo pratico, come riesce a trasformare il messaggio in quadro?

A.L. Nel momento stesso in cui capto il messaggio e che capisco che il lavoro sarà bello, è come se mi perdessi al suo interno e in un certo senso come se fosse il quadro stesso a guidare le mie scelte artistiche. Entro in una sorta di concentrazione assoluta in cui esistiamo solo il quadro e io.


• Vedendo il quadro "Città del Futuro" alcuni critici hanno avvicinato l'opera al film "Metropolis". E' un paragone di immaginazione, nel senso che le figure e la forma dei palazzi sono talmente particolari che ricordano il film del regista Friz Lang. Un'immaginazione che però sembra non avere una destinazione precisa tanto è indefinita…

A.L. Esattamente. Quando mi pongo davanti alla tela ho un'idea iniziale, un input che ha una forma precisa, ma non finita. E' come una pittura in divenire, e il fatto di non avere una destinazione esatta, di essere senza meta certa, mi porta a soluzioni uniche, inaspettate. Molto spesso io parto da una forma di architettura immaginaria: traccio linee, ne capto i messaggi, e mi muovo in base a questo suggerimento inconscio, cercando di dare la vita a questa forma, ponendola in un contesto immaginario e credibile al tempo stesso.


• Com'è il suo modo quotidiano di vivere l'arte ?

A.L. Tengo sempre il cavalletto pronto per essere usato (non si sa mai quando arriva l'idea), e diversi lavori aperti. La mia tecnica richiede differenti fasi di lavoro sullo stesso quadro che si devono assolutamente rispettare. Per quello che riguarda l'approccio pratico con una nuova idea, la prima fase consiste nel fare un disegno di base su cui impostare il quadro. Poi si passa alla tela.
Non bado al tempo che ci impiego. L'unica cosa che conta è il risultato, l'emozione che il quadro riesce a comunicare. La pittura non è la fonte principale del mio sostentamento. E questo mi dà la possibilità di prendermi tutto il tempo che serve per realizzare il lavoro come dico io. Non sono il tipo che ha ambizioni. Io lavoro e basta. Cerco di fare le cose al meglio e poi, com'è successo per la Biennale di Venezia, le occasioni accadono da sole.


• Come dicevamo all'inizio, le sue opere sono difficilmente definibili. A parte l'accavallarsi di stili presenti in esse, ciò che viene rappresentato lascia molto spazio alla visione personale. C'è chi vede similitudini che ad altri sfuggono.

A.L. Si, è una pittura che affascina, in cui tutti leggono un po' quello che vogliono. Molti mi chiedono che cosa rappresentano i miei quadri, ma, ad essere onesto, tante volte non so dirlo neanche io con precisione, in quanto l'immaginazione mi porta in posti che concretamente non esistono.


• E' un pò quello che succede anche con l'opera "Fuori dal Mondo" che ha esposto la scorsa edizione alla Biennale di Venezia ?

A.L. Sicuramente. Ricordo che l'idea mi venne mentre guidavo in autostrada. La frase "fuori dal mondo" mi incominciò a risuonare nella testa e io compresi che poteva nascere qualcosa di buono. Misi a punto il progetto e lo rappresentai. Nel mio mondo immaginario, dalla forma particolarissima e disperso fra i pianeti "normali", vi è un dettaglio in cui sono raffigurate tre cim, di cui una coronata, in cui molti hanno visto le tre torri di San Marino.
Altri ci vedono cose molto diverse. Sempre nello stesso quadro, alle spalle delle "presunte" tre torri, ho disegnato alcune figure bianche. In questo caso alcuni critici hanno legato quelle figure al paese del ghiaccio, la Scandinavia, dove ho trascorso tanti anni… Non so se inconsciamente sia esattamente questo che io volessi rappresentare. Resta il fatto che la mia pittura permette l'immaginazione di ognuno di trovare il suo soggetto preferito.


• Sembra quasi che le figure che rappresenta siano figlie di un vissuto che il suo subconscio deforma.

A.L. Io non vado mai in giro con la volontà di trovare il soggetto per il mio nuovo quadro. Vado in giro e basta, come farebbe qualsiasi turista. Mi guardo attorno, apprezzo ciò che vedo. Poi certe immagini possono riaffiorare nei miei quadri tanto tempo dopo, con forme e colori diversi. E' come se in effetti delle cose che inconsciamente mi colpiscono ritornassero in vita con una forma molto differente, nuova e spesso irriconoscibile anche a me…